La verità nei disegni di Fortuna

Fortuna Loffredo aveva sei anni, quando, poco più di due anni fa, è volata dall’ottavo piano doveva viveva, a Caivano, provincia di Napoli.
In prima battuta tutti, inquirenti compresi, hanno pensato ad un tragico incidente. L’immagine straziante di quel piccolo corpo in quegli interminabili secondi dal vuoto all’asfalto lascia senza respiro.

L’accidentale contro il volontario, nell’assurdo teatro del dramma. L’angoscia dei genitori, il macigno, il senso di colpa contro il tremendo dubbio: “L’hanno uccisa”.
Le indagini subiscono una svolta clamorosa: il convivente della madre di una piccola amica di Fortuna in carcere, con l’accusa di omicidio e abusi sessuali nei confronti di quest’ultima.

L’escalation del dramma, però, non ha limiti. L’anno precedente, il 2013, un altro bambino precede Fortuna in quel tremendo volo, stesso palazzo, è il figlio della compagna del presunto killer, nel frattempo aggredito e picchiato da altri carcerati.
Al di là della fredda cronaca, drammatica e per certi versi sconvolgente mi vorrei soffermare su un particolare importante: i disegni di Fortuna.

Sì, perché la piccola, prima di morire così brutalmente, aveva messo su carta praticamente tutto, attraverso tratti rabbiosi e aggressivi. Si sfogava attraverso una matita Fortuna, forse era l’unico modo che le era concesso per comunicare. Ci sono diverse figure femminili nei suoi disegni, spesso scarabocchiate, a volte cancellate. In generale tutto ciò che rappresenta è poco curato, solo abbozzato. Case senza porte, finestre con le sbarre, uccelli loschi, l’oscurità sempre presente nelle sue creazioni. Era l’unico modo per gridare al mondo quello che stava vivendo, in quel palazzo, dove, ormai appare chiaro, si consumavano cose tremende, abusi e violenze.

Ci aveva provato anche a scuola la piccola Fortuna, chiedeva un aiuto, ma le maestre dicevano che i suoi disegni erano bruttissimi, che non ci sapeva proprio fare, un grosso punto interrogativo marchia i suoi fogli. Lì Fortuna aveva già rivelato la sua verità ma i brutti anatroccoli sono scomodi per chi ha il compito di educare utilizzando un metodo buono e valido per tutti. Sei diverso, non ho tempo di seguirti nè di capire cosa ti sta succedendo.

In questi casi si etichetta una bambina come squilibrata, malata, da isolare o ancor peggio da curare, mentre l’unica verità assoluta è che la povera Fortuna voleva solo essere ASCOLTATA. Come quando diceva alla mamma che aveva dolore nelle parti intime, anche lì, un grosso punto interrogativo come quello delle maestre e un frettoloso “ti passerà”.

Diamo più peso a quello che dicono i bambini, non crediamo che la verità sia solo un qualcosa custodito dagli adulti, cerchiamo di cogliere anche i minimi segnali di un disagio.
Il disegno è una forma di comunicazione efficacissima, spesso più di qualsiasi parola.

Che tu possa trovare maggior Fortuna in un mondo migliore.

 

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