Ti chiedo scusa amore

Ti chiedo scusa amore, ti ho messo al mondo senza chiederti il permesso e che mondo!

Ti chiedo scusa amore se non ti ho raccontato la tua fiaba quotidiana, sai, là fuori è tutt’altro che una fiaba, si deve combattere.

Ti chiedo scusa amore perché il tempo attenuerà i tuoi sorrisi, la voglia di giocare, di ridere su ogni cosa, crescerai e faranno di tutto per toglierti quella splendida genuinità.

Ti chiedo scusa amore se qualche sera torno più stanco e contrariato, sai mi sforzo di essere sempre al top con te ma sono umano, fuori dal nostro nido si parla di cose futili, di soldi e di potere, devo tenere botta, facendo finta che me ne importi

Ti chiedo scusa amore se altre persone mi distoglieranno da te, è giusto, non è giusto, non lo so ma a volte mi trovo dentro un flipper e non ne riesco a uscire.

Ti chiedo scusa amore per questo e per molte altre cose fatte e che farò ma combatterò affinché la tua vita sia un’esperienza magnifica, perché il mondo diventi bello con te e anche grazie a te.

Ti racconterò oggi due fiabe, per farmi perdonare delle mie mancanze di ieri, ti ho fatto una promessa e il papà le promesse le manterrà, sempre.

Farò di tutto per ridere insieme a te e farti ridere anche se là fuori cercheranno di farci piangere, troveremo il nostro nido e il nostro rifugio che ci riparerà da quello che c’è fuori, faremo entrare lì dentro solo le cose e le persone che ci faranno del bene.

Mamma e papà, voi parlate, io rido!

Sei andato a lavorare mentre io dormivo, papà, mi sono svegliata accanto a mamma.

Sai, mi ha vestito, si è presa cura di me, come sempre. Ho un bellissimo outfit, ti avrà sicuramente mandato le foto.

Appena apro gli occhi rido, sin dai primissimi giorni, rido perché sono felice, rido perché sono buffe le vostre voci, rido perché non c’è alcun motivo per non farlo.

Sono contenta, sto imparando pian piano a vivere in questo mondo, sogno con le storie di papà, ballo con la musica di mamma, ascolto tutto, come se già fossi una grande.

Quando mi sento un po’ isolata comincio già ad urlare, mi faccio sentire, sfinisco i miei genitori fino a che loro non si accorgono di me e delle mie esigenze.

Li vedo stanchi ma felici, sempre pronti ad un sorriso per me, io ne ho bisogno per crescere bene.

Li ricompenso con i miei occhi, col mio stupore, voglio che anche loro ridano tutti i giorni della nostra vita insieme però a volte non lo fanno e non capisco perché.

Qui è tutto così bello, certo ogni tanto piango, ho fastidio, dolore, fame, ma poi torno ben presto a ridere e dimentico tutto.

Aspetto con occhi pieni di amore il rientro di mamma o papà, conosco sempre meglio nonni, zii e amici, ognuno ha qualcosa di bello e di nuovo da darmi..

Sono felice, rido per ogni cosa, sono piccola ma già al centro della scena, ancora non avete visto niente…

Rivivere negli occhi di un bambino

Nasciamo, impariamo tutto, la novità, la luce, gli occhi che si aprono e chiudono, i primi versi, poi le prime parole, le discussioni.

Gattoniamo, poi camminiamo, poi corriamo e non ci fermiamo più e forse questo non è del tutto un bene. Cresciamo, impariamo e ci smarriamo, diamo tutto per scontato, gli occhi non si muovono più frenetici, nessun sorrisino, nessuna risata fragorosa, le palpebre sono pesanti, siamo stanchi e basta.

Perdiamo la meraviglia, la voglia di scoprire, eppure sono tutte cose senza età, perché non bastano dieci esistenze per vedere, imparare e percepire tutto ciò che ci offre il genere umano.

E allora che fare? Dobbiamo tornare a rivivere negli occhi di un bambino: si muovono frenetici, si soffermano minuti interi su un particolare che per te adulto è insignificante. Ti guardano colmi d’amore e desiderio.

Anche tu hai quegli stessi occhi, forse adesso più stanchi ma li hai e non solo: hai le orecchie per sentire, per meravigliarti per rumori nuovi ma anche per suoni vecchi sempre belli da sentire. Puoi stufarti del rumore delle onde che sbattono sugli scogli? Del canto degli uccellini? Puoi per caso abbandonare quel magnifico odore di caffè che si sprigiona ogni mattina dalla cucina?

E allora cosa è successo? Fisiologicamente hai staccato la spina, credi di aver visto e sentito tutto ma hai ancora milioni di libri da leggere in libreria, devi ancora depennare dalla tua lista di cose da fare centinaia di attività.

Puoi tornare a vivere e non a sopravvivere. Perditi negli occhi di tuo figlio appena nato, di una figlia già adolescente ma che vive le prime avventure da donna, perditi e ritrovati nella curiosità, ridi come un pazzo per una cosa apparentemente futile, guardati allo specchio e rivedi il tuo essere bambino, quando tutto era bello, nuovo, colorato, quando il profumo inebriava le tue narici, quando le tue orecchie gioivano udendo determinati suoni.

Non è mai troppo tardi per vivere.

Frana tutto, ma non il nostro amore

La lunga attesa, 9 mesi che in realtà sono passati velocemente, quasi volati.

Poi quel primo pianto che scuote la vita, la trasforma, la stravolge, ti scordi di te stessa, ti scordi di essere coppia, c’è quella creaturina che attira tutta l’attenzione su di sé.

Non dormi quasi mai, vuoi goderti ogni momento ma sei costretta anche a recuperare scampoli di vita passata, a lavorare, come vuoi garantire un adeguato futuro a quell’esserino?

Piange di qua, piange di là, a volte, e non è una vergogna dirlo o pensarlo, ti viene voglia di mollare tutto, pensi “chi me l’ha fatto fare”, ricordi anche la tua sconfinata libertà ma ben presto ti conquista con i suoi occhi, i primi abbozzi di sorriso e tutto ritorna magicamente al suo posto.

Come in questa giornata, apparentemente uguale alle altre, il nostro piccolo “compie” tre settimane, lunghe, intense, magnifiche, che hanno stravolto le nostre priorità.

Dorme, finalmente e stranamente, nelle ultime ore sembrava avesse l’argento vivo. Dovrei dormire lo so, ma lo guardo e lo riguardo, controllo il suo respiro, vorrei entrare nei suoi sogni per cullarlo anche lì.

Finalmente crollo, tutti e tre all’unisono stiamo dormendo, è un evento raro, forse unico, una scena da immortalare.

Domani è un altro giorno, impegnativo, ma entriamo nel weekend, potremmo dedicarci finalmente 24h al nostro pupo.

Quel mattino però ha deciso diversamente, sento un boato, mi precipito ed abbraccio mio figlio, non ho il tempo di guardare mio marito.

Tutto è franato, troveremo il modo di amarci anche in un’altra vita.

Ora che tutto sta per finire

Ho vissuto a mille, sempre col piede sull’acceleratore e questo non è un bene.

Velocità, curve, non mi sono mai fermato, non ho guardato in faccia nessuno, non ho detto le cose che dovevo dire che tanto avevo un sacco di tempo per farlo.

La debolezza, un giramento di testa, non ci ho fatto caso, dopo lo stop subito il tasto play, i piccoli incidenti di percorso capitano.

E invece no, un altro giramento, sono caduto a terra, mia mamma si è preoccupata, mi ha portato a fare le analisi, non le facevo da decenni, non ne avevo bisogno, macinavo chilometri, storie, percorrevo vita.

La diagnosi è terribile, di quelle che non lasciano scampo, due mesi, forse tre se sarò fortunato e tutto sarà finito. Devo fare ancora un sacco di cose, entro in tilt, devo scegliere.

E allora decido di dire più che di fare, vado dai miei genitori e li abbraccio, non l’ho mai fatto, loro stanno soffrendo più di me, nessun genitore dovrebbe sopravvivere al proprio figlio. Dico loro che li ho sempre amati anche se non ho fatto nulla per dimostrarlo, gli comprerò una casa più confortevole, a me i soldi non servono più.

Sono stanco affannato, ma devo macinare gli ultimi km di vita, busso a casa della mia ex moglie, è sorpresa.

“Fammi dire solo due cose e sparisco, scusami per tutto, per i tradimenti, per non esserci stato, non potrò rimediare fisicamente in futuro, ma ascolta le mie parole dal cuore”.

Mi corrono incontri i bambini, senza se e senza ma li porto in giro, forse non siamo mai stati insieme alle giostre, al cinema, al circo, facciamo tutto in due giorni, non basterà ma è quello che posso fare.

La sera cado stremato sul divano, ora che tutto sta per finire capisco che non essermi mai fermato non è stata la scelta giusta, non ho vissuto più vita ma ho vissuto male la vita, non fermandomi non ho potuto capire le cose importanti dell’esistenza, non ho potuto assaporare la sua vera essenza.

Ora che tutto sta per finire posso solo dirvi che siete mortali, che tutto ha una fine e che dovete vivere attimo dopo attimo come se fosse l’ultimo.

Lettera a mia figlia

Ho letto libri, spulciato articoli, ho provato a farmi trovare pronto, ho vissuto le emozioni della paternità tramite un film, mi sono documentato. E poi sei arrivata tu e tutte quelle parole immagazzinate, il più delle volte, sono andate a farsi benedire.

Sei nata con gli occhioni aperti, con la voglia di vedere subito vita, curiosa, dinamica (a volte anche troppo), stai più sveglia che addormentata come se volessi subito dire: “Mamma, papà, non voglio perdermi un attimo“.

Purtroppo in questo sei come papà, per lui il sonno è “sopravvalutato”, ti voglio fra qualche anno, quando ti sveglierai riconglionita per aver sottovalutato quella che è una necessità primaria: dormire.

Anche io non ho perso un attimo della tua finora breve esistenza. Vedere il parto? Mai e poi mai e invece ero lì ed ho visto tutto. Prendere in mano un essere minuscolo io che sono quasi 2 metri di lunghezza (e fra poco anche di larghezza)? Ma come faccio? E invece, le prime braccia che ti hanno sostenuto sono state incredibilmente le mie.

Non dormivo prima e a maggior ragione non dormo ora, a volte non capisco più niente, specie quando in piena notte scendo le scale per scaldarti il biberon, qualche giorno ruzzolerò ma mi rialzerò, come sempre, perché tu hai bisogno di me.

Cadremo e ci rialzeremo insieme tante e tante volte amore mio ma tuo papà ti ripete, sin dal primo momento (anche se qualcuno dice che è troppo presto per parlarti), che sei forte, bella, capace e speciale e che farai cose meravigliose in futuro.

Gioisco per le tue piccole conquiste, per quelli che sembrano i primi sorrisi, per una cacca fatta dopo un giorno di agonia. E pazienza che se ti cambio io ci metto il doppio della mamma, faccio del mio meglio, tra una manina e un piedino che non vogliono uscire e una pipì fatta fuori dal panno.

Soffro con le tue sofferenze, una colica ti sconquassa, tremi, ti dimeni e io non so proprio come fare per alleviare il tuo dolore ma quando cacci via quella brutta aria gioiamo come se avessimo vinto la Champions League.

Non so come sono e come sarò come padre ma ci provo e proverò al massimo delle mie possibilità, la certezza è che mi avrai accanto a te, se Dio vuole, in ogni momento, fino a che il mio cuore batterà.

E adesso fammi lavorare qualche oretta, basta chiacchiere, devo tornare da te al più presto, per una nuova mirabolante avventura quotidiana.

Chi si accontenta dei sentimenti non gode

Sono folli, sono irrazionali, non puoi descriverli , per quanto provi a definirli con parole ti sfuggono, sono più grandi di te, non riesci a delinearne i contorni.

I sentimenti sono il sale della vita, con i sentimenti diamo un senso alla nostra esistenza, ci fanno sentire vivi, ci fanno anche del male, perché no.

Li proviamo, li sentiamo addosso sulla pelle, a volte proviamo a rifuggirli, ci chiudiamo in noi stessi con l’illusione di poter essere impenetrabili, senza capire che il nostro stato d’animo di quel momento è anch’esso un sentimento.

Per viverli appieno serve maturità, anche qualche batosta, gradi diversi della stessa emozione, non c’è niente di sbagliato, dobbiamo crescere, anche lì.

Quante volte però ci accontentiamo, magari arriviamo ad una certa età prendendoci “quello che passa in convento”, meglio una mezza emozione che l’assenza, non vogliamo essere aridi e poi ci sono le convenzioni sociali, il tempo che scorre inesorabile, le pressioni delle famiglie, degli amici ecc.

Che errore! Accontentarsi di un mezzo sentimento è esattamente ciò che non dobbiamo e non possiamo permetterci, è l’autogol più clamoroso della nostra vita, perdiamo il doppio del tempo e poi ricostruire i cocci sarà davvero difficile.

In amore, come in amicizia, bisogna pretendere il massimo. Come riconoscere un amore vero? Inutile fornire ricette magiche, ma vi assicuro che ve ne accorgerete, se siete fortunati sin dal primo istante tuttavia ci potrebbe volere del tempo, anche qui, perché un tempo ben investito è vantaggio per il futuro.

Ricercate le giuste vibrazioni quotidiane, l’appagamento pieno, tenetevi ben stretto queste emozioni se l’avete già trovate e non smettete mai di ricercarle se siete ancora in cammino.

Chi si accontenta dei sentimenti non gode.

La verità del bosco

Quando i luoghi del cuore diventano libro, tu, da scrittore, non puoi che esserne fiero.

Nasce così “La verità del bosco”, una grande storia di amicizia con una spruzzata di fantasy e un pizzico di thriller.

Un cane viene abbandonato dal suo padrone, un bambino si perde durante una gita, come scenario l’incantevole paesaggio delle Dolomiti. Lampo e Leo si incontrano per caso e non si lasciano più, il bosco diventa il loro habitat naturale con i suoi continui messaggi. Il primo non perde mai la speranza e il suo carico d’amore, il secondo dubita sempre più di un padre che si trasforma da esempio a uomo viscido e oscuro. L’ostinazione contro il cinismo, l’ottimismo e la rassegnazione, i due protagonisti mettono in mostra tutto il campionario di emozioni degli esseri viventi. Parallelamente Christian e Mauro intrecciano le loro storie in un viaggio ricco di sospetti e colpi di scena, il primo ha sterminato la sua famiglia, il secondo dà sfogo alle sue pulsioni in modo subdolo, la loro base è una misteriosa casa in mezzo al bosco. Leo e Lampo si perdono e si ritrovano spesso, superano numerose difficoltà ma ne escono sempre rafforzati, fino a quando la montagna li conduce all’amara verità, il ricongiungimento con i propri cari non lenisce ma acuisce le loro ferite, si trovano quindi davanti ad un bivio: ricominciare come se nulla fosse o continuare la loro avventura insieme nei boschi.

Vi invito a leggerlo, a farvi catturare da quei due birbanti di Leo e Lampo, a ritornare un po’ bambini, perché non dobbiamo mai smettere di stupirci per le cose belle che ci offre la vita.

Lo trovate a questi link o in libreria:

https://www.mondadoristore.it/La-verita-del-bosco-Claudio-Alessandro-Colombrita/eai978886912180/

https://www.mondadoristore.it/la-verita-del-bosco-alessandro-claudio-colombrita/eai979122139399/

https://www.lafeltrinelli.it/verita-del-bosco-libro-claudio-alessandro-colombrita/e/9788869121807

https://www.lafeltrinelli.it/verita-del-bosco-ebook-alessandro-claudio-colombrita/e/9791221393996

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Anche le due mamme di Peppa Pig pagheranno bollette salate

C’è la necessità di fare fumo, periodicamente, di buttare una pietra e aspettare di capire le conseguenze, un lancio fatto alla buona, senza valutarne prima le conseguenze.

Succede che due partiti italiani, uno anche abbastanza grosso, insorgano preventivamente per una puntata non ancora trasmessa dalla Rai, dove Peppa Pig, la famosa maialina tanto amata dai bambini, è accompagnata addirittura da due mamme.

“Diseducativo trasmettere cartoni gay”. “Che messaggio mandiamo ai nostri figli?” “Deviamo i nostri bambini”, è un vero e proprio bombardamento, d’altronde il problema è insormontabile, fuori da questo contesto non ci sono altri pensieri, le persone non ce la fanno a pagare le bollette e ad arrivare alla fine del mese ma sti cazzi, affrontiamo in campagna elettorale il tema infuocato di “Peppa Pig e delle sue due mamme”.

Perché è più facile parlare del nulla che mettersi in gioco nelle cose davvero importanti, pazienza che poi Qui Quo Qua stanno da Zio Paperino, Evy Ely Emy da Zia Paperina, Topolino e Minnie forse non sono sposati e chi più ne ha più ne metta. Famiglie disastrate, a volte inesistenti, ma nessuno ha mai spesso una parola per i poveri piccoli, protagonisti dei cartoni e fumetti, abbandonati dai propri genitori e parcheggiati dagli zii per sempre.

Ci sono sempre state le famiglie non “tradizionali”, ma quanto è ridicolo usare ancora questa parola nel 2022? Famiglia è legame, unione, affetto, la famiglia è il pilastro su cui si fonda la società, ma la società stessa si è evoluta, ha smussato quel pilastro, gli ha dato nuovi colori, nuove forme, tutte possono reggere l’edificio con uguale stabilità.

Pieno rispetto di tutte le posizioni: chi sostiene che la famiglia debba essere madre e padre, regolarmente sposati e possibilmente con figli, ma anche chi ritiene ci possano essere due uomini e due donne che si amano, che possano adottare i figli e via dicendo.

Non è forse questa l’essenza della famiglia? Amore incondizionato, senso di responsabilità nel prendersi cura dei propri figli. Non ergiamoci a paladini della tradizione perché la famiglia, come originariamente intesa, fa acqua da tutte le parti, i divorzi sono all’ordine del giorno così come i fallimenti nei confronti dei figli, ci pensa il telefonino a fare da genitore mentre mamma e papà litigano per i soldi e per le case.

Sono sicuro, senza apparire blasfemo, l’ho scritto anche nel mio precedente libro, che se tornasse il Messia su questa società ci spingerebbe ad amarci indipendentemente dal sesso, rinnoverebbe tradizioni e concetti, semplicemente perché tutti ci siamo resi conto che esistono mille modi per unirsi.

E allora, chi chiede che venga censurato l’episodio di Peppa Pig con due mamme non si preoccupi tanto delle conseguenze per i suoi bambini, cambi canale o semplicemente cominci a rivalutare l’intelligenza dei più piccoli, che svilupperanno il loro pensiero critico e che potranno farsi la propria idea, come facciamo noi adulti.

Per favore pensiamo alle cose serie che qui si naufraga pian piano, tutti insieme, con due mamme, due papà o un papà e una mamma, le bollette le dobbiamo pagare tutti, chiediamo ai partiti che ci rendano in condizioni di farlo, se no non potremo accendere nemmeno la tv per guardare Peppa Pig, indipendentemente dai suoi genitori.

In fin di vita per uno sguardo: perché?

Un anno intenso, finalmente le vacanze, si va al Sud, a Crotone, le origini della mamma, mare, sole e buon cibo.

Mi diverto, mi rilasso, rivedo gli amici, facciamo lunghe nuotate e non ci fermiamo mai, ci raccontiamo le nostre vite, recuperiamo il tempo perduto.

Ci diamo appuntamento per la sera, dove mi presento puntuale, anche troppo puntuale, sono il primo e unico, forse, ripensandoci bene, avrei potuto ritardare qualche minuto l’appuntamento col destino.

Non arrivano, mi guardo intorno e anche questo, potessi tornare indietro con una speciale macchina del tempo, lo cambierei.

Non mi rendo conto, una bestia mi si avvicina minacciosa, mi dice che non devo guardare la sua ragazza, io mi giustifico, dico che non ho guardato nessuno in particolare, non mi dà il tempo, mi colpisce.

Uno, due, tre, provo a difendermi ma non sono un violento, non riesco a fare a botte, mi gonfia, calci e pugni, non capisco più niente.

Penso che mia mamma è lì vicino a pochi metri, vorrei poterle parlare, nessuno mi aiuta, tutti si fanno i fatti propri, addirittura due ragazze incitano il bruto a pestarmi.

Piango fuori e piango dentro, la luce si è quasi spenta, solo un bagliore, vedo il volto di mia mamma e riesco a dirle, forse per la prima volta, che le voglio bene.

Adesso è tutto buio, sento le voci in lontananza, mamma, papà e mio fratello sono vicini a me, lotto per svegliarmi, a 20 anni ho tantissime pagine da aggiungere ancora alla mia vita.

Mi trovo in fin di vita per uno sguardo e non capisco perché.

Forza Davide!