L’abilitazione alla vita

Ma come, non sei avvocato? Hai studiato legge, sei avvocato, suvvia, non puoi non diventarlo.
Ma come non sei medico? Davvero servi ai tavoli e vivi in una stanza doppia insieme ad una persona che non conosci? Avevi tutto per affermarti, una famiglia alle spalle, un percorso “naturale”, una casa di proprietà, ti prendevi questo benedetto titolo e risolvevi tutti i problemi della vita!

Per la società, se non avete un’etichetta, non siete nessuno. Vi firmate solo con Dott.? Bene ma non benissimo. Dove sono gli Ing., gli Avv. e via dicendo? Non siete laureati? Male. Non siete abilitati? Siete pazzi, sprecare un’occasione così grande!

Per la vita, per la comunità, per il vivere sociale, poi, non importa un tubo che voi siate professoroni affermati o abbiate la gobba da studiosi pluripremiati, conta la vostra umanità, come sapete comportarvi con gli altri, il vostro altruismo, gli atteggiamenti con cui incidete concretamente nel mondo.
La società impone, ti deridono se hai la terza media, si fermano a quello. Magari fai volontariato da quindici anni, mentre il Dott. non ha mai aiutato una vecchietta ad attraversare la strada, conta la bacheca, il titolo appeso in bella mostra, i convegni con gente con la puzza sotto il naso.

Non c’è una scuola per l’umanità e anzi, per esperienza personale, umanità si sposa alla perfezione con umiltà, quella che troviamo nei cosiddetti bassifondi. L’abilitazione alla vita non ce la conferisce nessuno, ce la guadagniamo vivendo, appunto, nel migliore dei modi.Gli abilitati alla vita magari li trovi a dormire in un cartone all’uscita di una banca, nella povertà di una casa con solo un pezzo di pane a tavola, nel caos di un ospedale da campo.

Sei scrittore? Sfigato! Magari con le tue parole incidi molto di più di un’orazione di un avvocato ma non è un lavoro redditizio, no pecunia no party! Povero te!
Sei felice dopo aver servito ai tavoli per dieci ore solo perché sei libero? Tanta roba ti direbbe un “professore di vita”, folle ti dice una persona qualunque.
La società non funziona, “l’università della vita” non sbaglia un colpo perché premia anche una piccola dose di follia.