“Io e te, insieme per sempre”

Siamo qui in montagna finalmente, la quieta dopo la tempesta, io e mia sorella gemella, quante ne abbiamo passate in questo ultimo periodo!

I nostri genitori vogliono separarsi, un qualcosa di incredibile, una doccia fredda, sembra sempre che debba capitare agli altri e invece…

Ad ogni modo voglio godermi questa vacanza con papà, procede tutto bene, siamo nella nostra montagna, camminiamo, ci divertiamo, facciamo su e giù con la funivia e scattiamo tante foto, anche i selfie che ci piacciono tanto.

Siamo stanchi ma felici, è sera, abbiamo mangiato una pizza, penso che non sia giusto che debba scegliere tra mamma e papà ma scaccio via il pensiero, voglio godermi il momento.

Mi metto a letto insieme a mia sorella, la mia gemella, la mia migliore amica, condividiamo tutto da sempre, non potrei desiderare di meglio.

Prendo sonno, sogno la passeggiata in montagna dell’indomani, c’è anche mamma, siamo tutte e 4 insieme, come sempre, sembra essere tutto tornato alla normalità. Dormo con grande facilità stanotte, come il ghiro che fa ridere tanto me e mia sorella.

Ad un certo punto il sogno si trasforma in incubo, sento due mani sul mio collo, provo a divincolarmi, ad urlare, non capisco chi sia ma è forte, vince lui ed è tutto buio.

Dopo un po’ questo buio si illumina, ritrovo lei, la mia dolce metà, anche lei mi ha seguito in quest’altra vita, meno male, senza non ce l’avrei mai fatta.

Siamo impauriti, non capiamo cosa sia successo, passa il tempo e vediamo papà da lontano, avvolto nelle fiamme, ci ha seguito anche lui ma non riusciamo a raggiungerlo, ci guardiamo in faccia e ci domandiamo: “la mamma dov’è?”.

Tratto dalla tragedia di Lecco.

Foto: Corriere della Sera

Alex ha vinto di nuovo: tutta Italia tifa per lui!

Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo e non è una frase fatta o dettata dal momento.

Alex Zanardi di nuovo tra la vita e la morte, come in quel 2001 dove le sue gambe furono spezzate in un attimo, in un grave incidente automobilistico, un colpo che avrebbe ucciso un elefante ma non lui, il simbolo della volontà, l’emblema della lotta.

Perché Alex Zanardi ha sempre avuto una vita esagerata e i numeri parlano chiaro: titoli su titoli automobilistici, due gambe spezzate e sapientemente “sostituite”, otto arresti cardiaci, un coma farmacologico di 4 giorni, ma anche il ritorno in pista, a correre con uno dei suoi bolidi, le medaglie d’oro e i titoli col paracicilismo, persino diverse conduzioni televisive.

Chissà quante altre pagine ancora vuole scrivere il nostro Alex, maestro di vita con le sue frasi che fungono da sprone nei momenti bui e difficili, ci ha insegnato a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, proprio lui che con la sfiga (ma lui la chiamerebbe fortuna) che lo ha sempre contraddistinto avrebbe avuto validi motivi per abbattersi o peggio per gettare la spugna.

Da pilota ad atleta paralimpico, passando per la televisione, Alex ha preso quel 2001 come nuova rinascita, adesso è fermo di nuovo in un letto d’ospedale, dopo un violento urto con un camion, ancora una volta in coma.

Vuole ancora averla vinta, annotare al suo palmares l’ennesimo titolo, imprese e fatiche che Ercole potrebbe farsi da parte, di sicuro ha raggiunto un obiettivo unico nel suo genere, ha unito l’Italia e gli italiani, tutti tifano per lui, è il parente in difficoltà di ognuno di noi.

Vogliamo ancora le sue perle, le sue frasi, la sua incredibile capacità di motivarci. Questo 2020 ci ha privato di un altro gigante, molto simile per certi versi, Ezio Bosso e adesso siamo ad un altro bivio drammatico.

Adesso basta 2020, basta con questo accanimento, ridacci Alex, il suo sorriso e la sua stupenda voglia di vivere.

“Non è un pezzo di plastica, c’è una bambina in mare!”

“Giornata meravigliosa, finalmente un po’ di riposo in spiaggia, il mare splendido è colorato dal sole, mi sento in pace col mondo, la natura mi vuole parlare.

Penso alla fatica dell’ultimo periodo, ai rapporti tesi con mio marito, ad un lavoro che mi sta sempre più stretto, ma anche alle mie due splendide gioie, che chiamarli figli mi sembra riduttivo.

Mi rilasso con un bel libro, leggo e non mi stanco mai, finalmente la mente è vuota, finalmente un momento per me.

Scorgo in lontananza qualcosa, sarà il solito pezzo di plastica gettato via da qualche maleducato, ma come si fa a deturpare una bellezza così sfavillante?

Mi avvicino a riva, cerco di inquadrarlo meglio, vedo un vestitino colorato e un disegno, cerco di concentrarmi nonostante la luce abbagliante del sole.

No non è un pezzo di plastica, quel vestitino è riempito da qualcosa, sarà sicuramente un bambolotto sfuggito a chissà quale bambino, probabilmente lo starà cercando disperato.

Aspetto ancora un po’, l’oggetto misterioso si avvicina e in me si fa spazio un pensiero orribile: e se non fosse un bambolotto?

No non può essere, ma più si avvicina e più i miei sospetti trovano conferme, un piccolo scricciolo si avvicina alla spiaggia, non sorride ma neanche può piangere disperato, è inerme.

Non irradia di luce la mia vita, anzi, mi getta nello sconforto. La mamma lo starà rivendicando o è morta anche lei?

Mi soffermo sul corpo esanime, piango e le mie lacrime inzuppano ancor di più la povera creatura, non potrà mai correre, giocare, fare castelli di sabbia, pronunciare la parola mamma.

L’ennesima vittima del mare, della bestialità umana, dell’indifferenza, trattata peggio di un pezzo di plastica.

“Dicono che sono pazzo, loro che sono così normali”

“Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero”, non lo dico io, umile blogger, ma un certo Albert Einstein. Folle? Sicuramente e grazie a Dio, cosa ce ne saremmo fatti di un Einstein “normale”?

Ma poi cosa è la normalità? C’è qualcuno in grado di rispondere? Non è per caso che confondiamo la banalità con la normalità? Si tratta forse di fare quello che fanno gli altri? Seguire un gregge?

Sto impazzendo pure io appresso a questo concetto, ma forse è propria la follia la chiave del successo. Pazzo è Steve Jobs e la sua idea rivoluzionaria che ha cambiato il mondo, pazzo è Alex Zanardi che senza gambe dispensa insegnamenti di vita e pillole di crescita personale, pazzo è il diverso, a detta del normale.

Ci sono deviazioni più o meno accentuate, diversi modi di contenere la “diversità”. In passato si confinavano i pazzi nei manicomi, lì venivano torturati e considerati uno scarto della società, erano spacciati, non avevano più speranza, nessuna utilità.

Eppure tutti erano lì con la proprie storie, folli dalla nascita o diventati folli in seguito ad un trauma, la loro “deviazione” era la loro unicità, il modo per far sentire la propria presenza ad un mondo sempre più insensibile.

Le cose sono cambiate adesso? Per fortuna sì ma l’occhio sospettoso c’è sempre, ci si rifiuta di capire, non si scova oltre l’apparenza, si ha paura delle differenze perché ci costringono a metterci in gioco. Pazzi, folli ma anche portatori sani di novità, talenti, storie da cui imparare e, perché no, prendere spunto.

Spesso coraggio e follia coincidono e forse è proprio questo a farci più paura, chi ce lo fa fare infatti ad abbandonare la nostra zona di comfort?

Purtroppo viviamo in un mondo di definizioni e ruoli, dove tutti recitano una parte.

Ah, per inciso, anche di me “dicono che sono pazzo, sì proprio loro che sono normali

“Perdonatemi, ma la faccio finita”

“Si avvicina l’estate, la mia piccola oasi di felicità, la stagione in cui recupero la mia dignità da lavoratore. Vengo assunto a stagione in un hotel, metto da parte un po’ di soldi per poter campare meglio durante tutto l’anno, sono giovane, aspiro ad un futuro migliore.

Mi do da fare, sempre con impegno, sempre con il sorriso, con l’entusiasmo di chi non si arrende mai davanti alle difficoltà, l’età e il futuro sono dalla mia parte!

Poi arriva lui, il Covid-19, un virus che mi ha tenuto a casa come tutti gli italiani, fermo, senza soldi, a pensare al “come sarà” con un ottimismo a tinte sempre più fosche.

Non mi arrendo, nelle difficoltà si cresce e poi sta per arrivare la stagione, ho voglia di rimettermi in gioco, di vivere, di pregustare il cambiamento, ho cominciato a capire tante cose proprio quando ho perso temporaneamente la libertà.

Il mondo si riaccende, non è un liberi tutti ma manca poco, si può finalmente tornare all’agognata normalità e io aspetto la solita chiamata dal “mio hotel“, lo sento quasi come una seconda casa.

Passano i giorni e non arriva nulla, penso che sia solo questione di tempo, dopo il lockdown dobbiamo proprio riorganizzarci tutti.

E poi arriva quella chiamata, ma il contenuto è diverso, una doccia gelata alle mie ambizioni, non avrò quel lavoro, quei pochi soldi che per me rappresentano una vera fortuna.

Lo Stato mi abbandona, sono disoccupato e non so come fare, le ombre si annidano nella mia mente e anche il mio proverbiale ottimismo è solo un ricordo.

“Perdonatemi, scrivo sulla lavagna della cucina, a caratteri cubitali, ma la faccio finita”

Tratto dalla cronaca di queste ore e dal suicidio di un giovane ragazzo in provincia di Teramo.