Bambino mai nato, bambino fortunato

Se ci fosse un atrio dove vengono raccolti tutti i bambini prima di nascere gli direi: “Per carità, state lontani da questa brutta vita, restate in quella bella sala d’attesa”.
Una provocazione, me ne rendo conto, anche bella grossa, ma siamo sicuri sia così lontana dalla realtà?
Non è da me parlare in prima persona nei miei articoli, ma in questa fase della mia vita vado d’istinto, un flash e la voglia di scrivere, quasi un dovere, anche se a volte scomodo.

Li vedete anche voi, immagino, i telegiornali: l’orrore dei pedofili, i bambini picchiati a scuola dalle maestre, la violenza domestica, l’abbandono, le bombe grandi e letali sui piccoli e fragili uomini del futuro. Siamo diventati tutto questo, probabilmente lo siamo sempre stati, ma adesso fa male, ancora più male. All’inizio abbiamo superaro il limite della decenza, adesso anche quello dell’indecenza, non si sa più a che punto potremmo ancora arrivare.

Vedo tanti bambini sani e anche tanti bambini malati, è difficile accettare che una malattia possa deturpare una piccola creatura ma è la logica perversa della natura, una logica, si badi bene, a cui non ci arrenderemo mai.

Ho visto poi un servizio in una trasmissione, un piccolo bambino siriano che gridava “Mammaaa!”, forte, così forte che per un momento ho temuto mi scoppiasse il cuore. Ho pensato allo stesso episodio con protagonista mio nipote, pure lui urla “Mammaaa!”, forte, così forte, fino a che lei non corre per abbracciarlo e baciarlo.
C’è qualcosa che non va, il primo bambino si è salvato per miracolo e quella madre non la vedrà più, è esplosa in un nanosecondo, solo ceneri di una vita.

Il primo bambino non fa il bambino, ma non per sua scelta.
Il secondo bambino fa il bambino, rientra nella normalità.
Un bambino non chiede molto per vivere: affetto, sorrisi, qualche gioco, tanto verde e compagnia. Un adulto chiede talmente tanto da non ottenere mai quello che desidera e allora ecco le guerre, la violenza e la sofferenza.

Mettiamo al mondo una splendida creatura e poi gli offriamo un panorama così desolante, una bomba può cadergli in testa e, in un attimo, frantumare tutti i suoi bei sogni pieni di colori. Il bello del mondo, il volontariato, la semplicità e l’affetto gratuito sono l’antidoto migliore per non dover affermare, con le mani in faccia. “Bambino mai nato, bambino fortunato!

E voi che ne pensate? La parola adesso passa a voi!

Non ho tempo…per avere tempo

Io non ho tempo per giocare con i miei figli…ma ce l’ho per fissare l’ennesimo appuntamento di lavoro di questa giornata

Io non ho tempo da dedicare a me stesso… ma ne ho in abbondanza per chi vuole saccheggiare il mio modo di essere.

Io non ho tempo per ascoltarti, amico mio… ma la sera ne ho a volontà per la tv e i suoi programmi trash.

Io non ho tempo per aiutarti in questo momento di difficoltà…ma due-tre ore sui social non me le toglie nessuno.

Io non ho tempo da dedicare a chi mi tende la mano chiedendo l’elemosina… ma mi piace fermarmi mezz’ora in tabaccheria per le estrazioni del lotto.

Io non ho tempo per fare volontariato… ma la birretta dalle 23 con gli amici non me la toglie nessuno, cascasse il mondo!

Io non ho tempo per farmi quel controllo medico… ma quando esce l’ultimo modello della mia moto non farò passare un secondo, sarà mia!

Io non ho tempo per ascoltare mio figlio e la sua giornata di scuola…ma nei miei lunghi viaggi trovo sempre qualche minuto per comprargli l’ultimo gioco uscito.

Io non ho tempo da dedicare al mio fisico…ma quell’ora la investo per sgranocchiare popcorn e patatine davanti all’ultimo gioco della playstation

Io non ho tempo per avere tempo! Intanto mi trovo su un divano, solo, stanco e malato. Facebook a farmi compagnia, il lavoro è così noioso! I miei figli nel frattempo sono cresciuti ma io… non avevo tempo!

Il calendario del sorriso e della speranza

Io e Barbara ci rincorriamo per un po’ di giorni prima di sentirci. All’inizio non riesco a risponderle io, poi non può lei ma dall’inizio mi regala una grande carica grazie ad un semplice messaggio vocale. Le dico affranto che non l’ho potuta chiamare perché ero carico di lavoro e lei con una voce squillante e carica di allegria mi dice di non preoccuparmi e di essere “happy”. Bastano queste parole per cambiarmi la giornata ma so che il meglio deve ancora venire. Ci sentiamo nella giornata di sabato, lei è Barbara Maino, biologa catanese di 29 anni, e da nove mesi combatte contro un tumore rarissimo al surrene. Cominciamo a parlare delle nostre vite e dei nostri progetti, Barbara è un vulcano di idee e positività, ogni tanto la sua voce si fa un po’più seria ripensando ai cinque cicli di chemioterapia e al sesto che presto dovrà arrivare e che sarà l’ultimo per cercare di combattere la malattia.

Barbara è un’altruista nel dna, mi chiede notizie sulla mia associazione di volontariato, manifesta il suo rammarico perché le varie associazioni non le consentono di ricoprire il ruolo di volontaria. Non si perde d’animo, non perde un’ora del suo preziosissimo tempo, si mette subito all’opera ed elabora un nuovo progetto, un calendario virtuale fatto da foto di persone che hanno combattuto o combattono contro il cancro. Il suo post su Facebook diventa ben presto virale: “L’idea è quella di creare una sorta di calendario virtuale. Mi rivolgo a chi combatte o ha combattuto contro il cancro. Potremmo unire tutte le nostre foto e postarle mensilmente su una pagina Facebook spiegando in poche righe chi siamo e come abbiamo sconfitto o stiamo sconfiggendo il tumore. L’obiettivo è triplice: da una parte avviare una campagna di sensibilizzazione, da un’altra fare donare una speranza a chi non ce l’ha e ancora raccogliere fondi per la ricerca sui tumori rari».

Barbara crede fortemente in questo progetto, il suo carico di entusiasmo diventa ben presto anche il mio, il suo cuore generoso si proietta sull’umanità intera, sulla parte colpita dalla malattia ma anche sulle persone che hanno bisogno di qualsivoglia aiuto.

Un calendario con le foto di chi vuol metterci la faccia, di chi ha capito il vero valore della vita, di chi non si arrende mai ma anche di chi sta vivendo il suo periodo di grande sofferenza. Uno strumento tangibile per raccogliere fondi per la ricerca, elemento che sta molto a cuore ad una biologa come Barbara. Basta davvero poco per realizzare questo progetto portato avanti con entusiasmo da una ragazza che ci ha messo la faccia.

Adesso è il vostro turno, per mandare le vostre foto e per diffondere questa iniziativa!!!
Ecco il link della pagina, “Nel cassetto di ALIce”

https://www.facebook.com/nelcassettodiALIce/?pnref=story.unseen-section

Basta poco, come mi ha insegnato Barbara in queste trenta intensi minuti di chiacchierata.

Luca, la popolarità e le notti da leoni

La sveglia suonava e a Luca tornava in mente una frase: «Sei davvero un’altra persona, non mi dai la possibilità di starti vicino proprio nel momento in cui ne avresti più bisogno. Tieniti le tue conoscenze, decisamente più stimolanti di me, ma lasciami dire che non può uno scrigno così pieno di gemme essere saccheggiato in questo modo!».

Luca era rimasto stupito e aveva pensato: «Non avrei mai voluto sentirmi dire questo da Marco, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso del mio nervosismo. Detto poi proprio da lui, una vita passata insieme, 14 anni su 18. Ora l’invidia lo sta accecando. Lui, in piena regola all’università ma con una vita sociale piatta, mai un bicchiere e sempre così razionale, era ovvio, doveva capitare! Tutte le mie amicizie, i miei divertimenti, insomma la mia felicità, hanno provocato in lui una cappa d’invidia che ha tirato fuori in quest’occasione.

I veri uomini escono in questi momenti! Al diavolo tutti questi anni passati da fratelli, il benservito se lo è meritato e poi, d’altronde, se i miei amici mi vedessero in giro con uno sfigato del genere cosa penserebbero? La mia fama crollerebbe. Ma cavolo ci vuole così tanto per capire che a quest’età esistono solo popolarità e divertimento?».

Una vita che andava a rotoli ma che per Luca scorreva normalmente. Credeva di aver trovato la felicità nelle  discoteche, nelle belle ragazze da far ubriacare per poi concludere la nottata e nelle mattine passate a rotolarsi a letto, con quella sveglia inutile che continuava a puntare sua madre e che lui continuava a spegnere, semplicemente voltandosi dall’altro lato.

Clara, i numeri pari e la penna di Eurodisney

Dieci giorni al compleanno, un altro segnetto su quel piccolo calendario che teneva sempre sul suo comodino. A volte pensava addirittura di essere fortunata nel poter disporre dei fogli mentre i carcerati erano costretti a segnare i giorni facendo dei taglietti al muro delle loro celle.

Si diceva spesso: «Io posso spuntare la data con una penna», la solita, di Eurodisney, ricordo unico e indelebile dell’ultimo viaggio prima del calvario che, suo malgrado, l’aveva travolta.

16 anni, cominciavano ad essere tanti per Clara, così almeno sosteneva: «Mi sto facendo vecchia, per fortuna è una cifra pari, come quelle che piacciono a me. Il dispari mi è sempre sembrato qualcosa di strano, fuori dalla norma. Credo che a comandare siano i numeri pari. Abbiamo due polmoni, due reni, due orecchie, due gambe e due mani, è vero, abbiamo un cuore ma questo è diviso in due atrii e due ventricoli e se la matematica non è un’opinione, 2+2 fa 4, numero pari. Sarà una fissa ma il dispari mi sa di incompleto!».

Poche pretese ed un unico desiderio, quello di festeggiare con i compagni di scuola: «Mi immagino già a casa con la mia famiglia e i miei amici. Cavolo quanto è semplice essere felici, come fanno gli uomini a non capirlo? Voglio poter tornare a parlare con loro, a ridere di gusto come solo alla nostra età si sa fare, poter spettegolare con le amiche su Tizio piuttosto che su Caio». Richieste normali, da ragazza, ma la vita aveva altri piani per lei. Stava crescendo in modo così rapido da farle sembrare, un puntino disperso nella memoria, anche quelle semplici e spensierate chiacchierate.

Clara è la prima protagonista del libro che uscirà presto in libreria.
Che idea vi siete fatti di lei da queste poche righe?

Io la definirei vulcanica, folle e incredibilmente forte ma questo è solo l’inizio…

Questa politica uccide la Costituzione!

Aspettiamo il 4 dicembre, con impazienza. No, non perché siamo smaniosi di votare, anche perché, diciamocelo chiaramente, non cambieranno di molto le cose. Vogliamo che arrivi quella data per non sentire più gli “starnazzi” dei politici!
Tutto è cominciato con un mezzo autogol di Renzi, lui, il Presidente del Consiglio, colui che dovrebbe ragionare almeno dieci secondi prima di parlare, esordisce: “Se vince il no, mi dimetto“.
Pazzo! Che arma ha consegnato ai tuoi detrattori! Poi il cervello finalmente si riconnette, comprende l’autogol clamoroso che si sta insaccando in rete e ferma la palla sulla linea, rimangiandosi tutto. Troppo tardi? Probabilmente, perché saranno tanti i cittadini che voteranno No per questo motivo, parlano i dati, i numeri, giusto o sbagliato che sia!

Il punto è però un altro: la politica sta uccidendo la nostra Costituzione, l’ultimo baluardo di un’Italia unita, frutto di una lunga discussione, di continui contemperamenti tra parti politiche variegate. I Padri Costituenti hanno sfornato una vera e propria prelibatezza, dal 1948 cittadini e politicanti hanno a propria disposizione uno strumento completo e ben scritto per orientarsi nella giungla sociale. Migliorabile? Certamente, ma non nei principi fondamentali che sono ineguagliabili per chiarezza e bellezza d’espressione.

Ben vengano dunque le modifiche ragionate, le discussioni costruttive, ma evidentemente non in questo Paese, dove si parla di Costituzione a vanvera e dove, sono sicuro, il 4 dicembre si voterà con la pancia, per simpatie e antipatie, colori politici e pubblicità accattivanti. Saranno pochi, pochissimi, quelli che entreranno in una cabina elettorale con una conoscenza, anche di massima, della materia.
E, si badi bene, qui si parla in primis dei politici: Renzi e il Pd voteranno Sì (a parte qualche eccezione) gli altri No perché bisogna andare contro il governo, perché si fa parte dell’opposizione. Chi vota sì lo fa magari per non esprimere lo stesso voto di Salvini, chi si esprime per il no, probabilmente, vuole un ribaltone al Governo. Che discussione povera!

Ditelo ai Padri Costituenti che si sono fatti il mazzo per trovare una soluzione che andAsse bene per tutti, che poi, in parole povere, dovrebbe essere lo scopo principale della Politica, quella vera, non quella delle chiacchiere da bar.
I politici di oggi, anche se si fa davvero un grande sforzo a chiamarli così, stanno distruggendo lo spirito con cui è nata la Costituzione, l’ultimo dono fatto all’umanità prima che chiacchieroni di destra, di centro e di sinsitra animassero la scena con battaglie di colore.

No al Ponte sullo Stretto, sì al jet privato

C’è il Ponte dei Sospiri a Venezia, chiamato così perché attraversandolo i prigionieri sospiravano al pensiero che quella fosse la loro ultima passeggiata all’aria aperta e c’è il Ponte delle illusioni, costruito idealmente dieci, cento, mille volte.
Si scherza col fuoco, si tocca un nervo scoperto con nonchalance, la propaganda politica non ammette eccezioni, si spara senza pensare alle conseguenze, tronfi ed orgogliosi e poi… chi se ne frega.

Matteo Renzi si aggiunge alla lunga sequela di “tromboni”, quei soggetti che partono in quarta per farsi belli agli occhi della gente e che poi puntualmente fanno marcia indietro senza nemmeno averci provato. Non c’entra nulla il colore politico, i Berlusconi i Renzi e quelli che verranno (perché verranno, senza alcun dubbio), è ormai un modus operandi consolidato, solo che adesso la gente non ci casca più e si è anche un po’ rotta le balle.
Appena una settimana fa, ecco le parole del premier: “Un’opera che garantirebbe 100mila posti di lavoro, utile per tornare ad avere una Sicilia più vicina e raggiungibile e per togliere la Calabria dal suo isolamento“. Poi un invito che vale più di mille parole rivolto ai costruttori: “Se siete pronti lo facciamo“.
3 Ottobre 2016, il punto di vista cambia: “Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina è interessante ma non è una priorità“. Qualche altra parola da maggioranza e opposizione e poi il silenzio, fino al prossimo visionario (o genio) che proporrà di nuovo la faccenda all’attenzione dei media.

Ma qui si gioca a nervi scoperti, si toccano punti dolenti con una leggerezza insolente. Il sistema di trasporti del Sud, sembra rimasto al dopoguerra, mentre l’altra parte d’Italia viaggia a ben altre velocità. Renzi, o chi per lui, conosce benissimo la situazione ma la sua è solo una conoscenza di facciata, basata su carte, dati, numeri.
La vita vera è un’altra e la raccontano gli studenti e i lavoratori pendolari alle prese con tratte allucinanti per rapporto tempo/distanza nella stessa Regione, gli autotrasportatori alle prese con strade e autostrade che cedono all’improvviso , i viaggiatori che si trovano a sborsare più di duecento euro per andare da Milano a Catania.
Dalle auto blu con autista non si percepisce il disagio di una strada groviera, se poi ti aspetta un jet privato ad ogni occasione cosa puoi capirne di biglietti che costano come un affitto mensile di una camera? Quando ti capita di prendere un treno poi, di sicuro non prendi un regionale scassato, lento e sporco, ci sono Italo e Frecciarossa in primissima classe.

Che poi al siciliano non dispiacerebbe neanche essere collegato direttamente con la sua stessa nazione (mi sembra si chiami Italia), senza dover attendere ogni volta un traghetto per andare e un traghetto per tornare. Di sicuro, nella vita di tutti i giorni, sono più urgenti i trasporti cittadini e regionali. In quelli siamo un disastro, perché dovremmo essere in grado di assorbire un’opera mostruosa come il Ponte sullo Stretto?

Dall’atollo della chiacchiera, dove vince chi la spara più grossa, torneranno alla ribalta con questa storia, solo questione di tempo. Intanto il Ponte non c’è e non ci sarà, d’altronde basta un jet privato a spese degli italiani per raggiungere la Sicilia.