Chi cura la malattia dello Stato?

Malato, grave e non sembra esserci cura. Un paziente di lungo corso, affezionato alla sua malattia, non sembra particolarmente preoccupato.

Si chiama Stato, è “stato” forse sano, in tempi lontani, difficili da ricordare.

Se sei fortunato riesci a non farti contagiare ma restare lontano dalle sue maglie non sempre dipende da te. La sua malattia non ha sempre lo stesso nome, si manifesta in varie forme, tendenzialmente sempre parecchio fastidiose.

Burocrazia ti annienta con la sua lentezza, corruzione ti marchia nel profondo, pigrizia ti lascia con la bocca aperta. E ancora disoccupazione essicca le radici, discriminazione uccide il confronto, malasanità atterrisce uno dei diritti più importanti dell’uomo.

Stai lontano dal malato, tieniti a distanza, ti potrebbero dire! Peccato che tu debba vivere dentro il malato, respirare la sua stessa aria, piegarti al suo malfunzionamento.

Magari ti ha contagiato, ti ha reso povero e per questo non potrai curarti come si deve. Magari invece non controlla il corretto funzionamento del mercato e ti costringe ad ipotecare la casa per raggiungere in aereo i tuoi cari.

Ci sono malattie e malattie, alcune sono curabili e altre sono incurabili. La malattia dello Stato appartiene alla prima categoria ma non si trovano medici capaci di affrontarla, pazienti nell’adottare strategie conosciute e consolidate. Non ci sono professionisti disposti a guardare prima del proprio portafoglio all’interesse degli altri.

Auguriamoci di non ammalarci, auguriamoci di essere fortunati, auguriamoci di svegliarci un giorno in uno Stato che ci abbracci con i suoi servizi efficienti.

Svegliati, non sei immortale!

Ho ancora tempo! Una mantra, una frase che esce quasi naturale.

Ma quante volte ci siamo fatti una risata quando ci dicevano: “la vita è una sola”? Abbiamo chinato il capo, non abbiamo ascoltato, dritti per la nostra strada e chi ci ferma più!

Sciocchi, abbiamo pensato! Tutti bacchettoni, tutti a volerci dire che non dobbiamo godercela, che dobbiamo stare attenti, che dall’oggi al domani può succedere qualsiasi cosa.

Non si vive con la paura del male, con la negatività addosso, con un’ombra scura sempre dietro, eh no, non facciamo l’errore apposto se no si cade in degli abissi da cui è difficile riemergere.

Esiste la terra di mezzo, quella che non amiamo frequentare, in apparenza più piatta ed insignificante. Qui si può godere delle piccole cose, ci si può accontentare anche della vicinanza alla luna agognando l’arrivo, si può apprezzare ogni singolo istante assegnandogli appunto il dovuto prezzo.

Perché è così difficile capire che siamo mortali? Viviamo in una specie di trance agonistica, una bulimia di cose da fare, non abbiamo finito di fare quella precedente che già ci proiettiamo sulla successiva, d’altronde la vita è sempre una mentre i nostri progetti sono così tanti!

Lamentarci risulta la cosa più naturale del mondo, così come procrastinare, rimandare ad un domani che diventa sempre un dopodomani, siamo vicini alle persone ma solo fisicamente, tanto c’è tempo per fare e dire tutto!

Ma dietro l’angolo c’è l’imponderabile, l’inspiegabile, l’ombra nera priva di logica. Ci può privare del tempo, può accorciarlo, può modificare la nostra vita, sempre lei, l’unica.

Perché allora non anticipare il destino sul tempo? Perché non amare anche quando non ci si trova alle strette, perché non assecondare slanci, sentimenti e passioni immediatamente?

Cadiamo all’improvviso dal materasso della nostra routine, ci sembrava comodo ma in realtà ci rendiamo conto di non aver mai dormito. Ci voltiamo indietro, era quella la vita che stavamo conducendo? Avremo tempo per cambiare e per cambiarla?

Una partita a scacchi, imprevedibile, con molte pedine ancora addormentate. Il sogno racconta la favola dell’immortalità, la realtà è il peggior pizzicotto guastafeste.

Non siamo immortali, che ci piaccia o no!

Essere giovani non significa essere felici

Sei giovane, pieno di forze, non puoi buttarti giù, non puoi lasciarti andare!

Sei bello, spavaldo, la carta d’identità è dalla tua parte, dovresti spaccare il mondo!

Noi adulti invece abbiamo mille problemi, mille preoccupazioni, cose che non puoi capire, cose che non ti appartengono.

Dici giovane e dici felice, non può essere altrimenti!

Eppure c’è la vita, con i suoi eventi: chi brucia le tappe per demeriti propri, chi cresce veloce per colpa di altri, chi vive gli obbrobri tipici della nostra società.

Gioventù e spensieratezza, un binomio inscindibile per chi rimane troppo in superficie.

Ma c’è anche l’adolescenza con le sue turbe, il bullismo con la sua spietatezza, la solitudine dilagante del diverso.

Entusiasmo e passione sono i tuoi motori, devi sorridere, non puoi esimerti.

E poi guarda i numeri della disoccupazione giovanile, cosa ti hanno lasciato o meglio non ti hanno lasciato le precedenti generazioni, gli “adulti infelici”.

Sei giovane, devi essere felice, non hai altra scelta!

 

 

 

 

 

 

Meriti un mondo migliore

Meriti un mondo migliore, un mondo che esalti il tuo sorriso, che riverberi la tua allegria. Tutti fanno a gara per spegnerti, per disinnescarti, per tirare fuori il peggio di te.

Meriti un mondo migliore, un mondo che ti culli tra le sue ideali braccia, dove ti senta al sicuro, dove nessun uomo può colpire la tua psiche o il tuo corpo con la sua violenza.

Meriti un mondo migliore, un mondo che agevoli i tuoi sogni, che alimenti la tua autostima. La gente ti scavalca, calpesta il tuo merito e non riesci a capire perché.

Meriti un mondo migliore, un mondo che ti consenta di essere libero, che rispetti i tuoi tempi, bisogni e voglie. Sei chiuso in una campana di vetro e comincia a mancarti l’aria.

Meriti un mondo migliore, un mondo che tuteli la tua bellezza, che custodisca la tua fragilità. La malattia ti sfigura, attenta alla tua armonia, è sempre in agguato.

Meriti un mondo migliore ma anche tu devi fare la tua parte! Non perdere la speranza, circondati di positività, incidi col tuo piccolo grimaldello personale!

Voi litigate, io muoio!

Vi vedo litigare sempre, non fate altro, parlate un linguaggio incomprensibile, burocratico, spesso anche rozzo, non avverto un velo di umanità nelle vostre parole!

Intanto io sono qui, in questa barca, sì lo so, a chiamarla barca le si fa un complimento, grosso, forse anche esagerato! Ma quante ne abbiamo passate io e questa bagnarola, giorni interi alla conquista di una terra, di una speranza.

I grandi mi hanno detto che dovevo andare, che lì dove stavo era pericoloso, che il viaggio sarebbe stato difficile ma ne sarebbe valsa la pena, che al mio arrivo avrei trovato un mondo migliore.

Ma quanto dura questo viaggio? Sono ancora qui, in mare aperto, da giorni!

Mi avevano detto che la meta era vicina e in effetti vedo terra, vedo persone che gesticolano, imbarcazioni che ci affiancano, sento sirene, ma anche ordini e contrordini, ci lasciano qui e non capisco il motivo!

Sembra che il problema siamo proprio noi, non ci vogliono qua e non ci vogliono neanche negli altri posti, siamo un peso, continuano a litigare, quella nazione difende solo la sua gente, l’altra ha “i porti chiusi“, non possiamo entrare.

Eppure mi avevano raccontato una storia diversa, che siamo tutti fratelli, che non ci sono bandiere e colori di pelle, che tutti possiamo giocare ed essere liberi allo stesso modo.

Litigano, continuano a litigare e noi siamo fermi qua, sotto il sole, con gli occhi di fuori, affamati ma troppo deboli per mangiare. Vedo terra, vedo gente, chissà come si sta laggiù!

Non siamo graditi.

Voi litigate, mentre io muoio!