Sono una bambina normale in un mondo anormale

Che bello il sorriso di mia madre, mi fa compagnia tutto il giorno. Che bello quando torna mio padre dopo una lunga giornata di lavoro, non aspetto altro che vederlo!

Tutto incredibilmente semplice, tutto regolare, la felicità di una bambina come tante altre ma più fortunata di molte altre ancora, altrove ci sono piccoli che muoiono di fame, alcuni sono anche in guerra, mamma mia come deve essere brutto!

Poi un giorno il telegiornale, un virus che ci costringe a stare a casa, tutti con naso e bocca coperta, tutti uguali, non posso più vedere tanto facilmente il sorriso di mia madre, non posso giocare più con i miei cari compagnetti.

Ma le cose brutte, per fortuna, prima o poi finiscono e tornano le cose belle come una giornata di sole, la libertà di correre con la mia migliore amica, un viaggio con mamma e papà. Il virus sembra ormai sempre più lontano, in televisione adesso solo cartoni e non brutte notizie.

Mamma e papà adesso si agitano, di notte ho sentito dei botti, fuochi d’artificio probabilmente, hanno preparato due borsoni e siamo scappati insieme ad altre persone dentro la metropolitana, spero sia un gioco ma sorrisi non se ne vedono più.

Adesso i botti sono più frequenti, adesso so che sono bombe, so che la Russia ci fa la guerra ma io non riesco a capire perché degli uomini possano volere la morte di altri uomini.

Penso alla mia cameretta, ai quaderni pieni di scritte, alle mie bambole, di giorno scappo lontano da tutti e torno a guardare il sole, mentre tutto intorno è pieno di silenzio e paura mi avvicino al mio palazzo, guardo da sotto la finestra quello che è il mio mondo mentre vedo un aereo sfrecciare sopra la mia testa.

Sento le urla, torno da mamma e papà, loro sono tutto quello che ho in questo momento e nessuna guerra potrà mai far svanire l’amore che nutro nei loro confronti.

Sono solo una bambina normale in questo mondo sempre più anormale.

Perché i bambini?

Vittime delle scelte dei genitori, biglie impazzite gestite dai grandi, bersagli inspiegabili di malattie e crudeltà, perché i bambini?

Un viaggio in una barchetta piena di falle, in mezzo a una quantità infinita di gente. “Mamma che succede?”, nessuna risposta, sia perché il genitore non sa che dire, sia perché la maggior parte delle volte il genitore non c’è.

Una stanza di un ospedale in pieno centro città, i corridoi pieni di disegni, colori accesi che contrastano il pallore di piccoli visi increduli, si chiedono perché mentre i loro cari si strappano la pelle pensando “dovevo esserci io al suo posto”. La malattia si gode la scena, subdola

Bombe, non è un gioco. La tranquillità non esiste, non ci sono certezze, i bambini piangono perché gli adulti fanno la guerra, si chiedono perché, la loro ingenuità non può arrivare a concepire tutta questa violenza, in nome di cosa poi, se si finisce tutti in un fosso?

Sesso e bambini, fa già schifo così. Un orco posseduto dalle sue pulsioni manipola psicologicamente povere creature, tornano a casa e provano a raccontare quanto accaduto, “hanno troppa fantasia”, non vengono creduti.

Schiaffi, pugni e calci, sono solo un piccolo bambino che ha fatto i capricci, adesso mi fa male tutto. Mio padre dice che devo imparare la lezione, ma io ancora questa lezione mica l’ho imparata.

Questo e molto altro in questo mondo assassino, che continua a macinare inspiegabilmente i più deboli.

E non resta che domandarci: “Perché i bambini?”

Sono giù, vi sento, venitemi a salvare!

Gioco con i miei amici come ogni giorno, che divertimento! Risate, ogni oggetto trasformato in un pallone da calciare, nascondino e rincorse varie, canto anche la mia canzone preferita.

Conosco quel pozzo, papà mi dice sempre di starne alla larga e infatti con gli altri giochiamo parecchio lontano, per evitare qualsiasi rischio. Canto e non mi rendo conto che mi avvicino sempre più al punto X.

Faccio un volo, non capisco più nulla, cado e non finisce più, poi tocco il fondo, mi fa male tutto, non vedo niente, adesso cosa faccio?

Urlano i miei amici prima e i miei genitori poco dopo, io rispondo ma non mi sentono, mi esplode la gola di quanto urlo, sapranno mai che sono qui dentro?

Il tempo sembra non passare mai, non so a che pensare e allora mi metto a cantare, richiamo il mio amico immaginario ma mi rendo conto che faccio sempre più fatica a respirare.

Sento movimenti lassù, mi chiamano, mi dicono di stare tranquillo, ad un certo punto mi vedono anche, ho sete e fame, non so quanto tempo sia passato da quando sono caduto.

Sento scavare, non riesco a muovermi, bevo e mangio ma sono solo, sono piccolo e ho tante cose che voglio fare fuori da qui, riusciranno a salvarmi?

Respiro grazie alla maschera dell’ossigeno, il rumore dello scavo si fa sempre più vicino, cadono pietre, qualcuna mi fa anche male, c’è poca luce, cominciano a farmi male gli occhi.

Sono piccolo ma voglio bene a tutti, voglio uscire di qui e dire ai miei genitori che gli voglio bene, che non lo farò più, sono piccolo e sbaglio ogni tanto ,non dovevo giocare qui vicino.

Dormo, non sento più niente, quando mi sveglierò sono sicuro mi avranno già salvato.

Dedicato a Rayan e a tutti i bambini che sono caduti in un pozzo, sperando di poter raccontare un lieto fine.