Coronavirus, la parola sicuramente più pronunciata delle ultime settimane. Una vera e propria bomba ad orologeria, esplosa all’improvviso, un virus sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista sociale.
Ci sta mettendo alla prova come popolo, sta stanando le inadeguatezze delle nostre istituzioni, sta dando voce ai nostri isterismi, amplifica le nostre debolezze e le psicosi, annienta più le nostre difese mentali che le nostre difese immunitarie.
Tanti contagi, sette morti, un’epidemia da non sottovalutare, da isolare, da tenere sotto controllo. Un fenomeno che cavalca nuovi usi e costumi come la chiacchiera sui social che sempre più spesso terrorizza e confonde. Siamo medici con Google, virologi con Twitter, esperti con Facebook, ci propinano trasmissioni di tutti i tipi dove la chiarezza è solo un optional, la verità è che ancora non sappiamo cosa fare.
In mezzo tante cose brutte: discriminazioni razziali, anche al contrario, scontri politici, prezzi alle stelle e sindrome da saccheggio, con gli scaffali dei supermercati rimasti lì solo per miracolo. Abbiamo paura del contagio ma non ci fermiamo ad informarci sul serio, temiamo una pandemia ma le dichiarazioni di un virologo competente non fanno altro che annoiarci.
Crediamo quel che vogliamo credere, diamo da mangiare alla nostra bulimia di sapere continuando a consumare cibi scaduti, potremmo e dovremmo starci zitti ma continuiamo a metter bocca su tutto, così, senza un motivo apparente. Continuiamo ad essere Nord e Sud, polentoni e terroni, italiani e cinesi, amplifichiamo le divisioni additando il vicino, fa comodo trovare un capro espiatorio.
Il Coronavirus ci ha colti impreparati, divisi eravamo, divisi siamo, come popolo, come persone, nell’odio e nella discriminazione. Più che un virus è un’enorme cassa che amplifica il nostro modo di essere, adesso tocca a noi rispondere all’emergenza. Si vince solo se si è uniti. Rialzati Italia!