Emozioni in musica

Oggi avrebbe compiuto 74 anni, sentimenti in musica, grandi melodie e storie da raccontare. Lucio Battisti se ne è andato troppo presto sia per le vecchie che per le nuove generazioni . Un finto giovane come me, che ama la musica italiana come pochi, non può non sentirsi orfano di Battisti. Sicuramente, avrebbe avuto ancora tanto da dire e, certament,e lo avremmo ascoltato volentieri ancora a lungo. Battisti e Mogol, un duo che ha lasciato probabilmente più di quanto si potesse immaginare, ricordi l’uno e non puoi immediatamente non associare l’altro, la voce e la penna in un’unica sinfonia di cuori.

Immortale, al di là della retorica, come tutti gli artisti che lasciano traccia di sé nell’umanità, canzoni e poesie, cantate e recitate con semplicità, umanità e tanta partecipazione. Testi, si badi bene, non facili, a volte tristi, altre volte laceranti, che ti mettono a dura prova, che ti colpiscono e ti costringono a guardare dentro di te, a volte con dolore. “Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni”, perché a volte bisogna vivere d’istinto, vivere i momenti, le emozioni, brutte o belle che siano, senza domandarsene il motivo. La spontaneità è il vero punto di forza dell’essere umano, d’altronde, non è necessario “domandarsi perché, quando cade la tristezza in fondo al cuore, come la neve non fa rumore”.

Vivere senza paura di essere giudicati, con un sentimento che è posto su un piano superiore, più alto di quello umano. Come possiamo, dunquedare un giudizio su qualcosa di così immateriale ed etereo? E ne “Il mio canto libero”, Lucio sintetizza al meglio questo concetto: “Nasce il sentimento, nasce in mezzo al pianto e s’innalza altissimo e va, e vola sulle accuse della gente, a tutti i suoi retaggi indifferente, sorretto da un anelito d’amore, di vero amore”.

Lucio Battisti è morto il 9 settembre del 1998, avevo 11 anni ma lo ricordo come se fosse ieri, ho pianto, perché ho avuto la fortuna di ascoltarlo spesso, da piccolo. A casa la musica era quella dei grandi cantanti italiani e di questo non posso che essere grato.
Le sue canzoni non possono morire mai e, nei momenti di sconforto, mi viene in mente una delle più celebri strofe di una delle sue canzoni più toccanti: “Come può uno scoglio arginare il mare. Anche se non voglio, torno già a volare”.

Nelle canzoni cantate da Lucio c’è una storia di vita, una progressione di un’esistenza spezzata troppo presto, da un lato uno scoglio che non può in alcun modo arginare il mare e dall’altro l'”Avere nelle scarpe la voglia di andare, avere negli occhi la voglia di guardare… E invece restare prigionieri di un mondo che ci lascia soltanto sognare, solo sognare”. (Prigioniero del mondo).

D’altronde, meglio vivere di sentimenti e d’istinto, senza troppi se e senza troppi ma, cogliendo l’attimo fuggente. “Chissà chissà chi sei, chissà che sarai, chissà che sarà di noi”, chiediamocelo pure, tanto “lo scopriremo solo vivendo”.

 

 

Lascia un commento