Il carpe diem, la forza della natura e la solidarietà all’italiana

Terremoto, una parola ed un evento che spaventa e lascia atterriti, per potenza e portata.
Rende indifesi anche gli invincibili, colpisce tutti, senza distinzioni di sesso, razza o età.
La notte è la parte della giornata che predilige, quando si abbassa ogni difesa, tutti stesi sul letto a dormire, non c’è tempo di reazione, tutto cade intorno, addosso, tra urla e spirito di rassegnazione.
Alla faccia di chi ha rimandato all’indomani una cosa importante, una parola non detta, magari ad un familiare o alla propria compagna di vita, in barba a chi l’indomani, possibilmente, dovrà dire il proprio sì per la vita.

Il terremoto fa riflettere chi ancora ha la fortuna di poterlo fare. Chi costruisce un castello dorato e lo arricchisce ogni giorno di più, deve mettere in conto di poterlo vedere distrutto, in un attimo e per questo, ritenersi già privilegiato. La nostra nazione, ahinoi, è collocata in zone altamente sismiche, dobbiamo convinvere col dolore e con la frustrazione, costruire edifici sicuri e robusti, non rimandare a domani ciò che possiamo fare oggi.
Il carpe diem sbattuto in faccia a chi non ha fatto il proprio dovere prima, nel costruire mura solide e e a chi ha rimandato al futuro credendo di avere a disposizione un tempo indeterminato.

La natura ci punisce, se vuole ci spazza via in un attimo. Sogni, aspirazioni, progetti, castelli, vite, si porta via tutto, senza complimenti, senza chiederti prima: “come va?”
Facciamo fatica a riprenderci dal terremoto dell’Aquila ed eccoci qui, 7 anni dopo, stessa ora, posto diverso, forse ancora più vittime. La natura non vuole proprio smetterla di stupirci anche se noi ne faremmo volentieri a meno.
Noiintanto crediamo di essere immortali e per questo costruiamo edifici con approssimazione, come la scuola di Amatrice, concepita secondo le più recenti norme antisismiche, almeno sulla carta, ma sbriciolatasi in un istante, in un periodo dove, per fortuna, non ci sono studenti.
La natura è già potente di suo, non ha bisogno di una mano da noi comuni mortali.

Non sono morti a scuola ma molti bambini ci hanno lasciato, alcuni si sono salvati, come Giorgia, 16 ore di agonia, estratta viva dalle macerie. Sua sorella, stesa accanto a lei, invece, la stiamo piangendo.

Ma nel dramma, nella disperazione, quando bisogna raschiare il fondo del barile, ecco gli italiani, i soccorritori, la gente comune, le file per donare il sangue, le code per fornire generi di prima necessità, la mobilitazione sul web, i versamenti sui conti correnti e gli sms.
Ci sono le associazioni di volontariato che si mobilitano da tutte Italia per rendere meno agosciante la permanenza nella tendopoli, c’è una corsa continua di solidarietà. Uno splendido popolo che convive con quattro deficienti che rubano i pochi euro rimasti intrappolati tra cadaveri e macerie.

 

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